Sono solo
ma non serve a niente
disperare che piova,
la compagnia attende
fiduciosa
preparando il muro
e la pallina da tennis,
- il pallone ormai
l’ha sforbiciato
quella del primo piano -.
Rincorrimi piano,
non riuscirei nemmeno volendo
nemmeno volando
ad andare lontano,
il quartiere esonda
oltre le mie ossa
e imprigiona il futuro
- non ho idea
dell’oltre il cancello
se non scavalco -.
Sfonderò le scarpe
a furia di calci
alle lattine schiacciate
dalla notte
- quante bocche lasciate lì
e quanti baci sui gradini
di quella chiesa sempre chiusa
alle risate quasi dimenticate
sulle battute più sceme -
sono sordo al rumore.
Si torna a casa
più grandi,
quando “grande”
è un parametro lontano,
tanto che non riesci
a trovare più la scorciatoia,
la solita
pericolosa ma corta
stradina...
verso il tuo cuore.
Matteo
Cotugno
15-3-2014
inedita –
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